7 proposte per l’agricoltura sostenibile

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Come sarà l’agricoltura del futuro? Secondo Greenpeace sostenibile: basta seguire questi sette punti

Quali sono le grandi sfide che attendono l’agricoltura? Sfamare il pianeta, cert, ma anche garantire un giusto sostegno agli agricoltori e tutelare l’ambiente. Perché se l’ambient eè compromesso, alla lunga l’agricoltura muore. 

Greenpeace interviene sul tema pubblicando il rapporto ‘Agricoltura sostenibile: sette principi per un nuovo modello che metta al centro le persone’.

Secondo l’associazione ambientalista, grazie ai passi avanti della scienza, è possibile produrre alimenti sani lavorando ‘con la natura e non contro di essa’.

‘Il futuro dell’agricoltura europea è nelle mani degli agricoltori che lavorano con pratiche ecologiche e sostenibili. Svolgono un lavoro cruciale per la nostra società e per questo motivo è necessario e urgente sostenerli. La politica deve ascoltare chi chiede cibo sano e agricoltura sostenibile, reindirizzando i sussidi verso chi pratica forme di agricoltura ecologica’, spiega Federica Ferrario, responsabile campagna agricoltura sostenibile di Greenpeace Italia.

Nel rapporto Greenpeace spiega i sette principi fondamentali per una agricoltura sostenibile:

1. restituire il controllo sulla filiera alimentare a chi produce e chi consuma, strappandolo alle multinazionali dell’agrochimica;

2. sovranità alimentare. L’agricoltura sostenibile contribuisce allo sviluppo rurale e alla lotta contro la fame e la povertà, garantendo alle comunità rurali la disponibilità di alimenti sani, sicuri ed economicamente sostenibili;

3. produrre e consumare meglio: è possibile già oggi, senza impattare sull’ambiente e la salute, garantire sicurezza alimentare e, contemporaneamente, lottare contro gli sprechi alimentari. Occorre diminuire il nostro consumo di carne e minimizzare il consumo di suolo per la produzione di agro-energia. Dobbiamo anche riuscire ad aumentare le rese dove è necessario, ma con pratiche sostenibili;

4. incoraggiare la (bio)diversità lungo tutta la filiera, dal seme al piatto con interventi a tutto campo, dalla produzione sementiera all’educazione al consumo;

5. proteggere e aumentare la fertilità del suolo, promuovendo le pratiche colturali idonee ed eliminando quelle che invece consumano o avvelenano il suolo stesso;

6. consentire agli agricoltori di tenere sotto controllo parassiti e piante infestanti, affermando e promuovendo quelle pratiche (già esistenti) che garantiscono protezione e rese senza l’impiego di costosi pesticidi chimici che possono danneggiare il suolo, l’acqua, gli ecosistemi e la salute di agricoltori e consumatori;

7. rafforzare la nostra agricoltura, perché si adatti in maniera efficace il sistema di produzione del cibo in un contesto di cambiamenti climatici e di instabilità economica.

Greenpeace porta anche degli esempi concreti, ricordando alcuni progetti in cui è impegnata:  in Grecia sostiene gli agricoltori che producono colture proteiche locali da utilizzare nella mangimistica in sostituzione della soia OGM importata, in Ungheria, il piccolo insediamento di Hernádszentandrás, è rinato grazie all’agricoltura biologica e nel nostro paese  è stato avviato insieme agli agricoltori un lavoro volto a proteggere gli impollinatori, elemento indispensabile per la produttività agricola e l’equilibrio degli ecosistemi.

Ovviamente serve anche uno sforzo politico per rendere prassi diffusa questo atteggiamento responsabile: i finanziamenti devono premiare chi porta avanti queste innovazioni.

Greenpeace ha recentemente lanciato una piattaforma online – SoCosaMangio.Greenpeace.it – per evidenziare i fallimenti dell’agricoltura industriale e invitare tutti a cambiare questo sistema agroalimentare fallimentare.

a.po

 

 

 

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